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CITTÀ
ANTICA
È arduo fissare nel tempo le origini della
città: a prescindere dalla difficoltà di identificare un
minimo comun denominatore nelle differenti forme, di rado le fonti antiche
sanno distinguere tra un villaggio e una città, non aiutano a cogliere
le tappe della crescita di un agglomerato di abitazioni né paiono
interessate all'evoluzione dalle forme più semplici a quelle più
complesse di insediamento umano.
LE GRANDI CIVILTÁ URBANE. Autorevoli studiosi pensano all'età
del bronzo come momento di costituzione della città. È significativa
la tradizione che assegna un posto di rilievo alla biblica Gerico, le
cui radici affondano nella preistoria. Dalla metà alla fine del
IV millennio a.C. nel paese mesopotamico dei sumeri, in connessione all'affermarsi
della cultura di Uruk, si svilupparono città in numero così
cospicuo (Eridu, Ur, Uruk, Lagash) da suggerire agli studiosi la definizione
di "rivoluzione urbana". Testi cuneiformi parlano di città nella
Mesopotamia del III e II millennio a.C.: sono le testimonianze letterarie
più remote a nostra disposizione, nelle quali la città appare
come qualcosa che esiste da sempre, poiché la sua fondazione è
ricondotta alla volontà di un dio che la crea dal nulla. È
naturalmente più facile immaginare che le condizioni ambientali
(fertilità, disponibilità d'acqua, difendibilità
del sito da aggressori esterni), le spinte religiose (vicinanza a luoghi
abitati dal dio) e politiche (aggregazioni attorno a residenze di sovrani)
determinassero l'incremento di popolazione e l'insorgere delle strutture
della vita cittadina. L'archeologia ha mostrato che gli agglomerati hittiti,
assiri, babilonesi a pianta ora circolare (Karkemish) ora quadrangolare
(Babilonia) erano talora di dimensioni notevoli (a Babilonia gli archeologi
hanno calcolato un perimetro di circa 18 km) e includevano dentro le mura
il tempio-palazzo, residenza dei funzionari del re. In Egitto sono noti
agglomerati urbani dalla metà del III millennio a.C., come Kahun
nel Fayum, già informati a criteri di notevole regolarità
nell'organizzazione spaziale (forma rettangolare, assetto perpendicolare
della viabilità, orientamento preciso e forse dettato da motivi
religiosi). Vaga è l'origine della città greca (polis)
in quanto comunità di cittadini dotata di un'organica struttura
statuale fondata in progresso di tempo su principi di giustizia e legalità.
La polis raggiunse la sua forma compiuta tra la migrazione dei
dori e la scomparsa della civiltà palaziale micenea (XI secolo
a.C.) e l'VIII secolo a.C. Sorta ai piedi di un'altura per lo più
scoscesa e fortificabile (acropolis), per tutta l'età arcaica
la polis, sprovvista di mura, mostrò un reticolo viario
disordinato e tortuoso, tra edifici piccoli e addossati l'uno all'altro.
Molte città greche sorgevano in prossimità della costa dove
si trovava il porto, vero e proprio centro urbano minore. La rocca offriva
una sicura difesa in caso di attacco o di assedio, anche se presentava
svantaggi per un insediamento permanente. In mancanza di un sistema fluviale,
le città greche dipendevano infatti per l'acqua dalle sorgenti
e dai pozzi ed è appunto il declivio di un colle il luogo in cui
le sorgenti d'acqua sono per lo più localizzate. Solo con il V
secolo a.C. si affermarono le esigenze di un'urbanistica regolare e monumentale,
teorizzata per esempio da Ippodamo di Mileto con la sua concezione della
città a pianta ortogonale. È stato calcolato che il perimetro
di Atene all'apogeo (V secolo a.C.) fosse di 27 km, quello di Siracusa
28, quello di Corinto 13, quello di Sparta 7. Nel nucleo essenziale la
forma classica di governo nella polis greca e poi romana era rappresentata
dai magistrati, dal consiglio degli anziani e dall'assemblea popolare.
Solo dal punto di vista urbanistico le città mesopotamiche e minoico-micenee
sono le antenate della polis, che sin dagli albori denunciò
il ruolo trainante di un'aristocrazia dedita all'agricoltura e alle armi.
IL MODELLO DELLA POLIS. Importante fu il rapporto che legò
la polis e la città antica in genere al suo territorio,
dalla cui coltivazione la classe dominante traeva la propria forza economica
e sociale. Città e campagna non erano spazi rigorosamente distinti.
I campi si trovavano a ridosso delle case, gli orti stavano, non di rado,
all'interno del centro abitato. La città greca non dovette avere
del resto, se non relativamente tardi, strade lastricate, e sempre limitatamente
alle vie di maggiore importanza. A differenza della città orientale,
non veniva costruita intorno a un palazzo o a un tempio. Al suo centro
si trovava lo spazio aperto della riunione (agorà), dove
si svolgeva gran parte della vita cittadina. Qui ci si riuniva per decidere
e in un secondo tempo si sarebbe tenuto il mercato. Atene controllava
un territorio di 2500 km. In epoca classica una polis con più
di 10.000 abitanti era considerata grande, piccola con meno di 5000. Una
tale organizzazione dello spazio presupponeva una società poco
stratificata. Le polis sperimentarono forme diverse di regime politico,
dalla monarchia alla tirannide, all'oligarchia, fino alla democrazia radicale
ateniese del V secolo a.C.; comune a tutte fu sempre l'incoercibile tendenza
al particolarismo, per cui ciascuna concepì sé stessa come
stato indipendente e sovrano. Con l'età ellenistica si diffuse
in oriente il modello della polis: le nuove città volute
dai sovrani e inserite in vasti organismi statali subirono forti restrizioni
nella loro autonomia, senza perdere mai del tutto il controllo degli affari
interni. In Italia la città non nacque per opera delle genti indoeuropee
presenti dagli inizi del II millennio a.C., ma verso l'VIII secolo a.C.
fu trapiantata nel sud dai greci e promossa dagli etruschi nel centro-nord.
Lungo la costa occidentale a nord di Roma si verificò una fioritura
di città etrusche (Arezzo, Cere, Chiusi, Cortona, Perugia, Tarquinia,
Veio, Vetulonia, Volterra, per lo più con perimetro inferiore ai
10 km), il cui modello risentì di influenze sia elleniche sia orientali:
forse la spinta all'urbanizzazione fu determinata dalle esigenze di sfruttare
il territorio fertile e ricco di legnami e minerali. Dodici centri diedero
vita alla confederazione dell'Etruria. Poco si sa della loro struttura
politica: al potere dei re subentrarono aristocrazie, mentre non ci sono
tracce di assemblee popolari. Verso la fine del VI secolo a.C. iniziò
il declino delle città etrusche, già del tutto romanizzate
nella prima età imperiale. La stessa Roma, benché la tradizione
ne collochi la fondazione al 753 a.C., acquistò il volto di città
per intervento della famiglia etrusca dei Tarquini, che all'inizio del
VI secolo svilupparono una comunità o gruppo di insediamenti sparsi,
allora di importanza limitata. Per il V secolo a.C. è stato calcolato
a Roma un territorio di circa 150 km e una popolazione di 20-25.000 abitanti.
La struttura del primitivo stato romano, composta di un re, un senato
e un'assemblea degli uomini in armi, riproduceva verosimilmente lo schema
delle comunità indoeuropee italiche. L'assimilazione delle istituzioni
politiche di Roma a quelle greche fu un'operazione culturale degli storici
romani.
D. Ambagli

N.D. Fustel de Coulanges, La città antica, Vallecchi, Firenze
1924; M. Hammond, The City in the Ancient World, Harvard University
Press, Cambridge (Mass.) 1972. |
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